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Treia Palazzo Comunale

II Palazzo Comunale, detto anche Palazzo Priorale, è il risultato della perfetta opera di ristrutturazione, avvenuta in epoca rinascimentale, che ha determinato la fusione degli antichi palazzi della Comunità e dell'Abbondanza. È testimoniata oggi dalla singolare forma dei pilastri che sorreggono gli archi del portico: i primi cinque sono alquanto sottili e di forma rettangolare, (Palazzo della Comunità) mentre gli altri cinque sono cruciformi e molto più grandi (Palazzo dell'Abbondanza). Questa curiosità architettonica crea un particolare effetto di prospettiva, che dona al Palazzo una maggiore profondità per chi lo osserva da Corso Italia.
L'operazione di fusione risulta più evidente sul prospetto posteriore, dove i due palazzi hanno conservato le loro differenti altezze ed il Palazzo Pubblico, più alto rispetto all' altro, comprende anche la torre civica. Il Palazzo dell'Abbondanza, sin dal XVII secolo, conteneva il Pubblico Teatro che venne poi demolito il 30 Agosto 1780 in quanto divenuto pericolante. Le membrature in travertino sporgono sui mattoni in cotto del paramento e i frontoni delle finestre a tabernacolo sono diritti al secondo piano ed alternativamente triangolari e curvilinei al primo piano. I bracceri in ferro battuto che ornano la facciata, della prima metà del XX secolo, sono opera del treiese Mario Vannucci. Nell'atrio e lungo lo scalone sono collocati epigrafi e stemmi papali e cardinalizi. Il Palazzo, a piano terra ed al secondo piano, ospita gli uffici comunali e l'ufficio del Sindaco, decorato in stile liberty ed arredato con splendidi mobili del XIX secolo, mentre al primo piano si trova il Salone del Consiglio, egregiamente affrescato in stile liberty nel 1928 dal pittore Emilio Lazzaro. Alle pareti sono appesi nove dipinti su tela del XVII secolo raffiguranti scene dell'antico e del nuovo testamento, un quadro raffigurante San Michele Arcangelo, copia dell'opera di Guido Reni, e due tele raffiguranti due angeli. Le altre stanze adibite a Pinacoteca contengono mobili d'epoca di pregevole fattura e dipinti di pittori illustri di scuola romana e di scuola veneta quali Pietro Tedeschi (sec. XVIII), Antonio Balestra ed Agostino Bonisoli (sec. XVII). Proprio ad una grande tela del Bonisoli, che raffigura il martirio dei protomartiri francescani da parte del re del Marocco solo recentemente riportata all'originario splendore da un sapiente restauro, è riservata la prima delle sale del Palazzo Comunale.

 

LA FACCIATA

La facciata principale del palazzo venne restaurata nel 1760. Nell'occasione vi fu apposta in posizione centrale l’immagine della Madonna di Loreto con la Santa Casa, con la scritta posuerunt me custodem, bassorilievo dello scultore romano Gioacchino Varlé. Negli spazi in prossimità degli appoggi degli archi sono appesi otto stemmi cardinalizi scolpiti su pietra, di cui sette appartenenti ai governatori di Montecchio. Quello centrale, di maggiori dimensioni, è del Cardinale Nicola Grimaldi, treiese, che ricoprì importanti incarichi sotto i papi Pio VII, Leone XII, Pio VIII e Gregorio XVI che, nel luglio del 1832, gli conferì la carica di Governatore di Roma.

 

LA TORRE CIVICA

La torre civica porta appeso un campanone, di tonalità RE naturale, del peso di quattromilacinquecento libbre (15 q.li), opera datata 1761 del fonditore aquilano Gian Battista Donati.

 

CURIOSITA'

Il primo piano ospita la Sala degli Stemmi. La cornice del soffitto è formata dagli stemmi della nobiltà treiese: tra quelli dei d'Ajano, signori dell'antico castello di cui oggi restano pochi ruderi, dei Broglio-Massucci, cui si deve la costruzione di un delizioso casino di caccia a guisa di torre medievale, dei Grimaldi, spicca quello di Carlo Didimi, la cui fama di atleta e di uomo, immortalata dall'ode leopardiana a lui dedicata, dà, ancora oggi, lustro alla città. Nel rosone di centro è dipinto lo Stemma della città: i tre colli su cui sorse Montecchio da cui spuntano due fiori, "gigli o rosolacci" come scrive Dolores Prato nel suo romanzo “Giu’ la piazza non c'è nessuno”.

 

 

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